venerdì 31 agosto 2007

D'Alema: "Il Pd polizza vita del governo"

Il Pd deve rinnovare la classe dirigente, ma non è una palingenesi, né un´occasione per fare piazza pulita della politica italiana. Non si tratta di spazzare via qualcosa, ma di costruire un nuovo soggetto, a partire da quella generazione di trentenni e quarantenni che hanno voluto il partito democratico e che in gran parte del Paese sono già protagonisti della vita politica. Avranno il diritto di costruirlo, il nuovo partito, o si devono far da parte perché lo dice un anziano professore che crede di parlare a nome della società civile?

Da "La Repubblica", 30 agosto 2007

ROMA - «Basta con le polemiche e i sospetti. Qui non c´è nessuna trama segreta. Non sono in vista né cambi di maggioranza né elezioni anticipate. Veltroni sta facendo bene il suo lavoro e il Partito democratico è la vera polizza vita di questo governo, che a questo punto durerà fino alla fine della legislatura». Reduce dalla sua solita vacanza in barca, Massimo D´Alema torna in campo per rassicurare Prodi, spronare Veltroni, rimproverare gli altri candidati leader del Pd, e rilanciare la sfida d´autunno, a partire dalla legge elettorale: «Il modello tedesco va bene - dice il ministro degli Esteri, raccogliendo un dubbio di Veltroni - e lo si può anche rafforzare introducendo l´obbligo di indicare le alleanze prima del voto, e non dopo».


Ministro D´Alema, ci risiamo. A un mese e mezzo dalla costituente del Pd avete già ricominciato tutti a litigare come le comari di Windsor.
«Io ho preferito star fuori dalle polemiche. Mi dà fastidio il chiacchiericcio estivo, questo è il periodo in cui la politica dà il peggio di sé. Il caldo spinge i politici a dire cose improbabili, talvolta insensate. I giornali, in assenza di notizie, le enfatizzano. Tutto questo produce dibattiti sudaticci. Buona regola è starne fuori...».

Ma ora qualcosa dovrà pur dirla. Il quadro d´insieme del paese non le sembra alquanto sconfortante?
«Il quadro d´insieme dimostra soprattutto una cosa: non c´è una maggioranza in crisi e un´opposizione che incalza. Quella era un´immagine propagandistica, che oggi dimostra in modo clamoroso la sua insussistenza. La verità è che c´è un paese in difficoltà, non solo la sua politica. L´ondata "anti", molto cavalcata dai media e da parte della borghesia italiana, va mostrando la sua inconsistenza. Ma ci sono anche segnali di ripresa e volontà di rinascita. Sul piano politico, il Pd si conferma come la vera grande novità italiana, che riapre il dibattito sui nodi di fondo del nostro paese. Emerge con forza il grande valore di questo progetto, man mano che si avvicina il 14 ottobre. La costituente, rafforzata dalla discesa in campo di Veltroni, ha innescato reazioni a catena in tutto il sistema. La destra spinge verso un confronto sul suo rinnovamento, o addirittura sulla nascita di un nuovo partito. E anche la sinistra radicale si pone domande su possibili future aggregazioni».

Ma questa campagna per la leadership non le sembra una rissa tra correnti, tipo vecchia Democrazia cristiana?
«Io auspico che di qui al 14 ottobre il confronto, anziché inasprirsi con cadute di tono e sospetti, ritrovi lo spessore di un progetto per il futuro del paese e per il destino del riformismo in Europa. C´è stata una esasperazione eccessiva del conflitto. Io capisco che i competitori che si confrontano con Walter abbiano un di più di aggressività, per cercare di conquistare il campo, magari anche per l´eccesso di zelo di qualche sostenitore...».

Ce l´ha con Rosy Bindi?
«Non scendo nei dettagli. Mi limito a constatare che è preferibile concentrarsi più sui progetti futuri e meno sulle polemiche spicciole. A tutti i candidati, comunque, io ricordo che non stiamo facendo una campagna elettorale per le elezioni politiche. Eleggiamo il leader di un partito in cui saremo tutti insieme. Un partito che avrà certamente un carattere pluralistico. Io non apprezzo gli aspetti deteriori del correntismo, ma come tutti i partiti coalizionali del mondo anche il Partito democratico avrà una pluralità di protagonisti e di voci. Qui nessuno ha in mente il modello del vecchio Partito comunista italiano, con il centralismo democratico e tutto il resto, questo sia chiaro».

Su quali temi di fondo si dovrebbe allora concentrare il dibattito, secondo lei?
«Intanto io vedo un fronte internazionale che ci sollecita riflessioni e risposte. In Europa c´è il riemergere degli Stati-nazione, e soprattutto torna forte la Francia, che in rapporto con la Gran Bretagna e la Germania rischia di costituire una sorta di direttorio europeo...».

Magari questa è colpa della sua politica estera?
«No, al contrario. Dal Libano in poi, l´Italia è tornata ad essere protagonista su molti scenari. Semmai il problema è un altro: qui si riflette la debolezza oggettiva del paese e la fragile coesione nazionale persino sulle grandi scelte di politica estera. Dal Medio Oriente ai Balcani, il Partito democratico deve dare un suo contributo. Poi c´è l´allargamento del campo riformista europeo. Qui il tema non è cercare i nostri amici in giro per l´Europa, ma come questo progetto italiano interferisce con il campo socialista, quello liberaldemocratico e quello ambientalista. Per noi non è importante avere il "club ulivista" in Europa, di questo i candidati al Pd devono tener conto. La via maestra resta la collocazione in un rinnovato fronte riformista, che si può reinventare solo coinvolgendo il campo del socialismo europeo».

A parte l´Europa, non le sembrano più urgenti le tante emergenze italiane?
«Per sciogliere i nodi della crisi italiana urgono scelte coraggiose. La prima urgenza mi sembra la legge elettorale. Spero che il dibattito sia liberato da logiche strumentali. Non è vero che chi vuole il sistema tedesco vuole anche cambiare alleanze».

Qualche sospetto c´è, visto che avete sostenuto per anni il modello francese.
«Vede, il tema vero è come dare più forza al sistema politico-istituzionale, liberandolo dal giogo dei ricatti e dei veti incrociati, e poi come dare più forza e più stabilità ai governi».

Questo ormai lo sostengono tutti...
«Non sarei così sicuro. C´è una corrente forte della società e dell´economia italiana che, al di là delle chiacchiere sulla cultura liberale, vuole in realtà un politica debole e sotto ricatto, per manovrarla a proprio piacimento. Comunque, in campo ci sono due proposte ragionevoli. La prima è il sistema tedesco, la forza del cancellierato, i grandi partiti, la riduzione della frammentazione, le soglie di sbarramento. Volendo, nulla impedisce di rafforzarlo ancora di più con l´obbligo di apparentamenti preventivi e non successivi al voto politico. La seconda proposta è il modello francese, che vuol dire semi-presidenzialismo, doppio turno uninominale e maggioranze fortemente coese».

E qual è il migliore?
«Stabiliamolo insieme. Ma quello che dobbiamo evitare, è di imbarcarci nei soliti pasticci, nei soliti compromessi all´italiana. Ci vuole coraggio. Che c´è di male se il Partito democratico diventa il motore di un rinnovamento del sistema politico che riduce la frammentazione e stabilizza una volta per tutte il bipolarismo?».

Niente di male. Ma bisogna vedere se questo si traduce in cambi di maggioranza...
«La scelta delle alleanze non dipende dalla legge elettorale, ma dalla capacità di costruire un accordo politico e programmatico. Anche col sistema tedesco si può fare un accordo con Rifondazione comunista. Io non voglio ribaltare certo le alleanze. Ma questo paese deve essere governato. Il Pd ha giustamente questa vocazione maggioritaria. A questo punto anche la sinistra radicale deve vivere il Pd come una sfida, e spero che Rifondazione si dimostri all´altezza. La cosa riguarda loro, e non c´entrano niente le presunte "intenzioni malevole" di Rutelli, Veltroni o altri».

Lei non vede rischi di nuova instabilità per il governo?
«No. Come avevo previsto, si viene chiarendo che la costituente del Pd è fattore di stabilizzazione del governo, e non certo il suo contrario. Il resto sono alchimie da retrobottega».

Quindi durerete fino a fine legislatura?
«Direi proprio di sì. Ma per questo dobbiamo concentrarci sul prosieguo della legislatura, che è lunga. Dopo aver affrontato con successo l´emergenze ereditate, ora dobbiamo superare l´angoscia del momento: non si procede pensando che tra un mese il governo va a casa perché c´è una crisi. Serve un pensiero lungo, non la nevrosi dei prossimi quindici giorni».

D´accordo. Ma ora che deve fare il governo, di qui alla fine della legislatura?«Prima di tutto, dobbiamo impostare riduzioni fiscali a vantaggio del lavoro e della competitività. Ma per farlo dobbiamo portare avanti anche la lotta all´evasione fiscale. Ed è mortificante per il paese che, mentre noi diciamo questo, la destra discute invece su come organizzare l´eversione».

E le richieste di Confindustria? E Montezemolo, che continua a parlare di fisco come emergenza nazionale?
«Lo scambio proposto da Confindustria mi pare ragionevole: meno incentivi, meno fisco. Poi c´è la questione della semplificazione dei processi decisionali. E su questo Montezemolo ha perfettamente ragione: la capacità di decisione del sistema politico è intollerabilmente farraginosa, troppo imperniata intorno al processo legislativo. Qui siamo al paradosso che dobbiamo fare una legge anche per far cominciare l´anno scolastico. Insomma, quello che io chiedo al Pd e ai suoi leader è di tornare ad un dibattito sulle grandi questioni di fondo».

Eppure Rifondazione comunista resta in allerta. Davvero non c´è un progetto per sostituirli con l´Udc?
«Senta, ho il cattivo vizio di considerare i numeri, innanzitutto. Con l´Udc e senza Rifondazione comunista non c´è un cambio di maggioranza, semplicemente non c´è più maggioranza. E poi vorrei ricordare che noi governiamo con un vincolo sottoscritto con gli elettori. Persino più forte di quello che avevamo in passato. Poi che dalla crisi del centrodestra possa venir fuori dal centrodestra una forza moderata che guarda al campo politico in modo più libero, questo è un altro discorso. Ma non c´entra niente con operazioni fatte alle spalle degli elettori».

Perché Veltroni ha sentito il bisogno di dire che non andrà a Palazzo Chigi senza il sigillo di un voto popolare? Perché è dovuto andare da Prodi a rassicurarlo?
«Veltroni ha pronunciato parole estremamente giuste e sensate. Il suo discorso sgombra il campo dalle interpretazioni che legano il Partito democratico a operazioni di caduta del governo».

Ma non tutti gli hanno creduto. Guardi Parisi… Non è che avete in mente un altro ribaltone tipo 1998?
«Il 1998 fu tutta un´altra storia. Intanto non facemmo certo noi cadere il governo ma fu Bertinotti. E poi allora non si potevano fare le elezioni anticipate, anche perché eravamo alla vigilia della guerra in Kosovo. Le parole di Veltroni non significano poi che se cade il governo non se ne possa fare un altro. E comunque io insisto: in questo momento il contributo forte del Pd è alla stabilità del governo. Questo mi sembra l´aspetto più importante che anche le frasi di Walter hanno confermato».

A un passo dalla costituente di ottobre, non resta alta l´impressione di una costruzione verticistica?
«E´ un rischio dal quale ci si deve guardare. Il Pd deve rinnovare la classe dirigente, ma non è una palingenesi, né un´occasione per fare piazza pulita della politica italiana. Non si tratta di spazzare via qualcosa, ma di costruire un nuovo soggetto, a partire da quella generazione di trentenni e quarantenni che hanno voluto il partito democratico e che in gran parte del Paese sono già protagonisti della vita politica. Avranno il diritto di costruirlo, il nuovo partito, o si devono far da parte perché lo dice un anziano professore che crede di parlare a nome della società civile?».

Finora secondo lei Veltroni ha lavorato bene come prossimo leader del Partito democratico?
«Ero e sono sempre più convinto che Walter fosse la personalità che meglio era in grado di fare innovazione senza invenzione. Di rinnovare il nostro sistema politico senza snaturarci e sradicarci dalle nostre tradizioni culturali. E´ una sfida anche per lui. Deve fare la sua partita politica, e a me pare che la stia giocando molto bene».

Anna Finocchiaro: «Fedeltà a Prodi ma guardiamo al futuro»

di Simone Collini - l'Unità, 30 agosto 2007

«Ma qualcuno pensa che con simili discussioni noi motiviamo le persone a partecipare alla fase costituente del Partito democratico?». Anna Finocchiaro non lo pensa. La polemica «incomprensibile» di Arturo Parisi nei confronti di Walter Veltroni ma anche Rosy Bindi che parla di candidatura degli apparati. Per non parlare di Rifondazione comunista che ne approfitta per sostenere che il Pd destabilizza il governo.

«La capogruppo dell’Ulivo al Senato, che alle primarie di ottobre si candiderà nella lista caratterizzata dai temi dell’innovazione (quella lanciata a fine luglio da Melandri, Realacci, associazioni giovanili ed esponenti della Cgil) è piuttosto preoccupata: «Questa doveva essere una fase attraente, durante la quale ciascun candidato segretario avrebbe naturalmente potuto mostrare la sua diversità rispetto agli altri, ma senza mai mettere in discussione la volontà e l’ambizione di ciascuno di costruire uno stesso partito».

Invece, presidente Finocchiaro?
«Assistiamo a discussioni che non rendono allettante il dibattito sul Pd. E questo non può che essere un problema se vogliamo fare un grande partito dei riformisti, aperto, plurale, che riesca a raccogliere forze che non sono esclusivamente quelle dei partiti di partenza e che abbia una vocazione maggioritaria. La discussione va fatta sui contenuti, sui progetti, non si può parlare in continuazione di due temi che considero, invece, totalmente fuori discussione».

E sarebbero?
«La fedeltà a questo governo, che è l’unico possibile e che va sostenuto in ogni modo, e il fatto che stiamo partecipando a un’operazione che è tutto tranne che la sommatoria di due partiti, e tanto meno di due apparati. Queste due questioni sono fuori discussione. Se invece continuano a rimbalzare, come è avvenuto in questi giorni, allora sì che il dibattito appare davvero tra ceti politici, da notabilato».

Possibile che la cosa sfugga a uno attento come Parisi, che se l’è presa con Veltroni perché ha detto che il suo obiettivo è consolidare e non sostituire Prodi?
«Non le ho capite le argomentazioni di Parisi. È un mio limite naturalmente, ma ho ascoltato il discorso che ha fatto a Telese e non l’ho capito».

E però se la spiega in qualche modo questa uscita?
«Quello che vedo è un limite complessivo della discussione in atto. E cioè che stiamo ragionando come se ci trovassimo in un quadro immutabile di scenari e di vincoli. Dove vincoli non necessariamente è usato in un’accezione negativa».

Che cosa vuole dire?
«Eravamo partiti da un’altra idea rispetto al Pd, e cioè che poiché non bastavamo più al paese dovevamo costruire un grande partito che avesse l’ambizione di essere maggioritario, che fosse in grado di raccogliere classi dirigenti, associazioni, personalità, che coinvolgesse milioni cittadini, un grande partito dei riformisti italiani. Questa doveva essere la nostra risposta alla crisi della politica. Ma se continuiamo a muoverci in questo quadro dei vincoli, ogni giorno ci sarà una polemica sul fatto che Veltroni vuole sostituirsi a Prodi o su Rifondazione che dice che il Pd destabilizza il governo. Quando assisto a queste discussioni rimango allibita, anche perché il nostro è il tentativo più serio, impegnativo e anche rischioso che sia stato messo in campo».

Non è che gli altri stiano del tutto fermi, dal Prc all’Udeur.
«Sì, la sinistra sta cercando di costruire la Cosa rossa, l’Udeur persegue una strategia centrista. Ma a maggior ragione ciò dimostra che questo è un passaggio politico che prelude al dopo. È il dopo che dobbiamo costruire. Come è possibile che stiamo inchiodati a una discussione che dà per immutabile lo scenario e i vincoli attuali? Mi pare che stiamo rischiando tutti di perdere un’occasione».

Insomma non è un tabù parlare di alleanze future o ipotizzare che un domani il Pd corra da solo?
«Scusi ma se si decide di liquidare due partiti, di cui uno fondato nel 1921 e l’altro con radici nobilissime, secondo lei lo si fa per fonderli insieme o per dar vita a un grande partito a vocazione maggioritaria? Se non fosse quest’ultima la ragione saremmo dei pazzi».

Però facendo simili ragionamenti oggi si mette in discussione la realtà attuale, obietta qualcuno.
«Non è così. Non si tocca né questa maggioranza né questo programma, tanto per essere chiari. E questo perché il governo Prodi garantisce in questo momento al paese il massimo possibile di equità, sviluppo, diritti, innovazione, riforme. Ma dobbiamo costruire il futuro. E sappiamo quali sono i tempi della politica. Forse qualcuno pensa che bastino uno o due anni per costruire uno scenario politico diverso? Con il Pd noi stiamo cambiando il sistema politico italiano, perché abbiamo capito che questa è una delle questioni di blocco della nostra democrazia e dello sviluppo del paese, della sua modernizzazione».

Lei guarda lontano ma ci sono problemi più immediati: Giordano si dice pronto a ridiscutere il governo se Rutelli o altri puntano a modificare il programma dell’Unione.
«Noi dobbiamo continuare a lavorare per nutrire il programma. Una discussione politica tra alleati, per di più in una situazione così difficile per il paese che ha la pressante necessità di essere rimesso in movimento, non può essere fatta a colpi di ultimatum».

Dice Giordano: dobbiamo riprendere la connessione sentimentale con il nostro popolo.
«Benissimo, un’espressione gramsciana che io amo. Ma la connessione sentimentale in questa situazione dobbiamo stabilirla col paese. Non possiamo pensare, visto che siamo al governo e non all’opposizione, di costruirla uno contro l’altro, creando ulteriori barriere, divisioni, conflitti. Spinte diverse nella coalizione ci sono e bisogna gestirle politicamente con saggezza, con prudenza, e soprattutto senza sacrificare la possibilità di un cambiamento, per tutti positivo. In queste condizioni, il tutto e subito se no me ne vado non può funzionare».

Lei si candiderà in qualche lista, il 14 ottobre?
«Sì, in quella che nasce dal manifesto “ambiente, conoscenze e lavoro”».

Perché ha scelto questa lista piuttosto che quella in cui si candideranno la maggior parte dei dirigenti dei Ds e della Margherita?
«Il Pd ha la necessità di tenere nella propria anima l’essenza moderna e positiva della sinistra italiana e noi dobbiamo disseminarci come il sale della terra».

Il sale della terra?
«È una battuta naturalmente, non voglio paragonarci a tanto. Seriamente, c’è la necessità politica che ci si mischi già nelle liste. Io voglio dare il mio contributo ad una lista che per apertura e “mescolanza” di soggetti somigli davvero molto all’idea di Pd che ho».

Ha mai pensato di candidarsi a segretario nazionale?
«Brevemente».

Pentita di non averlo fatto?
«No, perché quando Veltroni ha dato la sua disponibilità ho capito che quella era la soluzione migliore e la prospettiva più unificante».

lunedì 27 agosto 2007

Ecco perché sosteniamo Veltroni

Di seguito il documento a firma di Vittoria Franco, Donata Gottardi, Patrizia Toia e Anna Maria Garavaglia a sostegno della candidatura di Veltroni a segretario del Partito Democratico.

Siamo donne impegnate ad ampliare diritti, spazi di libertà femminile e di responsabilità e convinte sostenitrici della costruzione del Partito Democratico, nel rispetto del pluralismo. Un partito nuovo che nasce sulla condivisione di culture diverse e sulla base della costruzione comune di donne e di uomini.

Ci siamo battute sin dall'inizio perché già il regolamento per l'elezione dell'Assemblea costituente il 14 ottobre assumesse questa prospettiva e rispecchiasse la nuova realtà di donne che vogliono partecipare ed essere cofondatrici del nuovo Partito. Ci siamo riuscite. Le regole prevedono che le liste siano composte rispettando l'alternanza di genere e che il 50% dei capilista delle liste collegate a livello regionale siano donne. È un risultato straordinario, che ci consente di avere un'assemblea costituente formata per metà di donne. È la prima volta che accade nella storia dei partiti. Siamo entrate in una nuova fase della storia del rapporto fra donne e politica; abbiamo messo all'ordine del giorno il principio della "democrazia paritaria". Cittadinanza, libertà, desiderio di essere parte attiva nella costruzione delle istituzioni democratiche, contribuire a scrivere le regole: tutto questo per noi significa "democrazia paritaria".

Da qui partiamo per consolidare e ampliare forza e presenza in un partito che vogliamo di donne e di uomini. È un risultato che ci rende più libere già in questa fase costituente, più libere anche di scegliere il candidato o la candidata a segretario/a da sostenere non solo in base al genere, ma anche in base all'affinità ideale, culturale e programmatica.

Noi ci troviamo d'accordo nel sostenere la candidatura di Walter Veltroni e vogliamo esplicitare perchè.

Consideriamo importante la decisione di Rosy Bindi di mettersi in gioco e pensiamo che il risultato del 50% renda anche lei più forte e credibile. Al tempo stesso, riteniamo, che la possibilità di costruire insieme un partito nuovo e paritario ci chiami tutte a misurarci, oltre che con le nostre storie nel movimento delle donne, anche con il desiderio di protagonismo delle più giovani, con il progetto complessivo del nuovo partito e con i valori comuni ai due generi che devono caratterizzarlo. Noi puntiamo a creare le condizioni di una con-vivenza, ad affermare una concezione della democrazia come frutto di un impegno di cooperazione, nel rispetto della differenza. Questa è la ragione principale per la quale viviamo questa scelta come pienamente coerente con il nostro impegno passato e futuro a favore delle donne, come esercizio di una maggiore libertà conquistata: la libertà di costruire insieme un partito di donne e di uomini che abbia al centro il rinnovamento della cultura politica, la modernizzazione della nostra società, l'investimento sul lavoro femminile, sui diritti, sulla condivisione della cura familiare, sulle politiche di conciliazione fra maternità, lavoro e carriera. Nel suo discorso di Torino Veltroni ha disegnato un'idea di Paese e di futuro che ci convince, come ci convincono la sua riaffermazione della laicità dello Stato, la sua capacità di parlare ai giovani, di legare politica e valori, di usare un linguaggio che unisce. A Torino Walter Veltroni ha anche assunto impegni importanti sulle donne. E il nostro atto di fiducia, ne siamo certe, diventa una responsabilità anche per lui.
Vittoria Franco, Donata Gottardi, Patrizia Toia, Annamaria Garavaglia

sabato 25 agosto 2007

Feste de l'Unità, Fassino: «Continueranno con il Pd»


(da l'Unità on-line) Le Feste dell'Unità proseguiranno anche con il Partito Democratico. Lo dice a chiare lettere il segretario dei Ds Piero Fassino nella lettera che rivolge ai dirigenti e ai militanti della quercia alla vigilia dell'apertura della Festa nazionale dell'Unità di Bologna.

Fassino, peraltro, rivendica il carattere di apertura che da sempre le Feste dell'Unità hanno e in particolare il ruolo di "incubazione" dell'Ulivo prima e del Partito Democratico che hanno svolto e svolgono.

«Caro De Maria- scrive Fassino al segretario Ds di Bologna- desidero rivolgere il saluto più affettuoso dei Democratici di sinistra e mio personale a tutti coloro che in questi mesi hanno lavorato alla preparazione della festa nazionale de l'unità. E un saluto particolarmente grato rivolgo ai tanti volontari che in queste prossime settimane con passione, dedizione e generosità faranno grande e bella la Festa nazionale di Bologna. Anche quest'anno la festa nazionale de l'Unità sarà un grande appuntamento politico e culturale offerto a una grandissima platea di cittadini che ritroveranno nel ricco programma e nelle attività della festa i tanti temi che riguardano l'Italia e il suo futuro».

Sulla possibilità di cambiare nome alla Festa de l'Unità torna a schierarsi anche il tesoriere dei Ds Ugo Sposetti. «Ma c'è qualcuno che pensa di cambiare il marchio alla Nutella?». Con una domanda ironica Sposetti ha liquidato le polemiche sul nome della Festa dell' Unità definendole «singolari e inopportune». Lo ha fatto giovedì sera a Reggio Emilia, dove la manifestazione dei Ds da tempo si chiama "Festareggio" e dove il titolo del dibattito (del quale l'ufficio stampa ha diffuso un sunto) era già un programma: "Hasta la fiesta sempre".

Le feste di partito sono un importante strumento di comunicazione politica, non solo un modo per finanziare la vita partitica, è stata la posizione comune di chi stava sul palco con Sposetti, che ha ribadito: «Ben vengano tutti gli strumenti che creano partecipazione ed entusiasmo, come queste feste».

Tutti concordi anche sulla necessità di spostare la decisione sul "brand" Festa de l'Unita, che ha interessato il dibattito politico delle ultime settimane, al dopo primarie.

Glauco Soncini, direttore della Festa, ha ricordato quanto accadde nel 1996, quando venne per la prima volta adottato il marchio "FestaReggio": «Lamentele e perplessità ci furono, ma fu poi un passaggio collettivo, che vide il coinvolgimento delle persone«. E la metà dei volontari che lavorano per la festa reggiana, ha detto, non è iscritta ai Ds.

venerdì 24 agosto 2007

È morto Bruno Trentin. Il cordoglio di tutta la sinistra


Si è spento ad 81 anni a Roma l'ex segretario della Cgil ed ex parlamentare DS Bruno Trentin. Fu partigiano, nel dopoguerra si iscrisse al sindacato di cui diventò segretario generale nel 1988. Si dimise all'indomani dell'accordo sulla politica dei redditi con Ciampi. Il cordoglio di Epifani: «Lascia lezione di grande rigore morale».
>>Vedi l'articolo su L'Unità on-line.
>>Vedi l'articolo su La Repubblica on-line.
>>Vedi l'articolo su DS Online.

Veltroni: non facciamoci del male come al solito

23 agosto 2007

Sia un confronto civile tra persone che si stimano per aprire e fare più forte il Pd-Lettera aperta ai candidati alla segreteria del Partito Democratico


Carissimi,
la decisione del Comitato dei 45, presieduto da Romano Prodi, di affiancare alla elezione dei delegati all’assemblea costituente, quella del segretario del Partito democratico, è stata un passaggio tutt’altro che scontato. La mera logica procedurale avrebbe anzi richiesto una netta distinzione tra i due momenti: prima la costituzione del nuovo partito e poi, sulla base del nuovo statuto, l’elezione degli organismi dirigenti.

Se il Comitato ha deciso diversamente, anche contro le perplessità di alcuni, tra i quali io stesso, è perché ha valutato che un’accelerazione del percorso verso il Partito democratico fosse necessaria, per offrire una risposta politica alle difficoltà nel rapporto tra il centrosinistra e il Paese, confermate dal negativo risultato delle elezioni amministrative della scorsa primavera.

Si è detto che il Paese non avrebbe capito un itinerario troppo lungo, al punto da apparire autoreferenziale. E che il percorso costituente avrebbe dovuto risultare da subito politicamente incisivo, capace di corrispondere alla diffusa e perentoria domanda, al tempo stesso, di nuove forme democratiche e di nuovi contenuti programmatici del nostro agire politico.

Accettando di candidarci alla segreteria del Partito democratico, tutti noi ci siamo assunti la responsabilità di corrispondere a questa duplice aspettativa. Sia come singoli, ciascuno avanzando le proprie proposte, sia nei rapporti tra di noi, che stanno già assumendo la delicata e decisiva funzione “costituente” della dialettica politica interna al partito che nasce.

Si fa spesso riferimento e paragone con le primarie americane, senza però considerare che negli Stati Uniti si tratta di una tradizione, di un’organizzazione e di una pratica consolidate negli anni, mentre qui da noi è qualcosa di nuovo e di decisamente diverso, perché alla scelta della persona, del leader, si accompagna contestualmente la costituzione di un partito. Cosa che richiede tanta più attenzione, saggezza, spirito unitario e vorrei dire “delicatezza”, perché il modo in cui ci comportiamo contribuirà inevitabilmente a definire l’immagine e la stessa identità del Pd.

Il Partito democratico risulterà più o meno innovativo, agli occhi dei cittadini, anche a seconda di quanto riuscirà ad esserlo il nostro modo di competere, perfino lo stile, il tratto umano col quale sapremo rapportarci tra di noi.

Penso che i cittadini considererebbero innovativo e quindi interessante, degno di essere seguito e in grado di invogliare alla partecipazione, un confronto che rappresentasse una cesura netta rispetto agli aspetti deteriori del nostro ancora acerbo bipolarismo politico.

Se il principale difetto del bipolarismo italiano è quello di reggersi più su coalizioni “contro” l’avversario, che su solide alleanze “per” il governo dell’Italia, penso che l’ultima cosa che dovremmo fare, se non vogliamo da subito rinchiuderci nello stereotipo della rissa politica da talk-show, è impostare la nostra competizione nel segno della critica reciproca anziché della proposta al Paese. Costruendo un clima grottesco tra persone che si stimano e hanno sempre lavorato lealmente insieme.

I cittadini non sopportano più un confronto politico meramente critico e demolitorio nella dialettica tra avversari. Lo considerano inaccettabile tra alleati. Tra esponenti dello stesso partito lo giudicherebbero semplicemente deprimente. Vorrebbe dire che mentre ci accingiamo a fondare un partito nuovo, ci apprestiamo anche ad impostarne il confronto interno secondo i vecchi e logori schemi del più deteriore professionismo politico, per i quali ciò che conta non è lavorare in modo limpido e aperto per tradurre i valori in programmi e per costruire attorno ad essi il necessario consenso, ma come “posizionarsi” in vista di futuri organigrammi; come conquistare, magari solo per poche settimane, un supplemento di “visibilità” da far valere nelle future spartizioni, come organizzare componenti correntizie per “pesare” e quindi “condizionare” i futuri assetti e le future leadership.

Nel proporre la mia candidatura ho presentato, al Lingotto di Torino, una piattaforma politica che è stata accolta con attenzione e interesse anche in ambienti economici, sociali e culturali da tempo critici nei riguardi del centrosinistra. Non penso affatto che sia l’unica piattaforma possibile e sono convinto che tutte le candidature che sono state avanzate rappresentino una ricchezza.

Al tempo stesso credo che il Paese si aspetti dalla nostra competizione un confronto chiaro e trasparente sui grandi temi che riguardano il suo presente e il suo futuro, come quelli che ho cercato di affrontare da Torino in poi: il rapporto tra sviluppo e ambiente, la necessità di un nuovo patto tra generazioni per la sostenibilità del nostro welfare e di un nuovo patto fiscale, il difficile rapporto tra immigrazione e sicurezza, la sfida della società della conoscenza, la necessità di un incisivo pacchetto di riforme elettorali e istituzionali.

Tutti noi, credo, abbiamo il dovere di dire come la pensiamo su questi e su altri temi. Per quanto mi riguarda sono favorevole a procedere diversamente rispetto alle primarie che designarono Romano Prodi come candidato premier dell’Unione e a dar vita ad un confronto pubblico sulla base delle regole che ci siamo dati e con pari dignità di tutti i candidati.

Allo stesso modo, ci accomuna il dovere di favorire, attraverso lo strumento degli apparentamenti tra candidati alla segreteria e liste per l’assemblea costituente, l’elezione di una platea che sia davvero rappresentativa del grande popolo del Partito democratico.

Ci accomuna dunque il dovere di adoperarci per far nascere liste che vedano il mescolarsi delle culture politiche, un forte rinnovamento generazionale che si accompagni al riequilibrio di genere e la presenza, accanto ai dirigenti politici dei due partiti, Ds e Margherita, che hanno avuto il merito di rendere possibile la nascita del Pd, di tanti amministratori eletti direttamente dai cittadini e soprattutto di una vasta rappresentanza del mondo del lavoro, della cultura, delle professioni, del volontariato e dell’associazionismo.

Le regole approvate dal Comitato dei 45 ci chiedono di dar vita, come è giusto e doveroso, ad una campagna elettorale sobria, che privilegi l’uso di mezzi alla portata di tutti ed eviti una ulteriore lievitazione dei costi della politica che risulterebbe inaccettabile agli occhi della stragrande maggioranza dei cittadini. Del resto, non abbiamo bisogno di farci conoscere: la storia di ciascuno di noi è nota e parla da sé. Da parte mia, a queste regole e a questi criteri di condotta mi atterrò con scrupolo.

Un’ultima considerazione. La nascita del Pd rappresenta uno degli appuntamenti di maggior rilievo della storia politica italiana. Davanti a noi ci sono immense possibilità, grandi potenzialità. So bene però, perché conosco il nostro passato, che a non farci mai difetto è stata una speciale capacità di farci del male da soli, spesso proprio nei momenti più importanti e carichi di opportunità. Voglio credere che il Pd sarà la terapia giusta, che potrà guarirci da questa sindrome.

Dipenderà da ciascuno di noi. Dai nostri comportamenti, dalle nostre parole, dipenderà il grado di apertura del Partito democratico, la sua capacità di coinvolgere gli italiani e di conquistare il loro consenso, la profondità del suo segno di novità, che verrebbe meno se a dominare fossero invece logiche improntate a personalismo, protagonismo o correntismo. Logiche vecchie e piccole che finiscono con l’allontanare chi non le vuole condividere. Ma sono certo che non sarà così. Sono certo che tutti insieme sapremo animare una competizione che potrà segnare una tappa fondamentale nel cammino di riforma democratica dell’Italia.

Walter Veltroni

giovedì 23 agosto 2007

Fassino a Veltroni: condividiamo le tue proposte e ci impegnamo a dargli corso

La lettera di Fassino a Veltroni
23 agosto 2007

Caro Walter,
fin dall’inizio di questo affascinante progetto sono stato convinto che la sua originalità e fecondità consista nel duplice obiettivo di unire nel Partito Democratico storie e culture riformiste che per lungo tempo la storia ha diviso e, al tempo stesso, di non limitarci a unire quel che già c’è per allargare l’orizzonte a quella vasta parte di società italiana che guarda al PD con la speranza di un forte rinnovamento della politica.

E d’altra parte la stessa scadenza del 14 ottobre la abbiamo concepita e voluta come un grande momento di legittimazione democratica e popolare del nuovo partito e come l’apertura di una nuova stagione della democrazia italiana.

Come te penso che a questa ispirazione si debba essere tanto più coerenti oggi.

Sbaglia chi riducesse il Partito Democratico al solo incontro tra i DS e Margherita, quando proprio l’esperienza dell’Ulivo di questi anni ci parla di una volontà di partecipazione ben più ampia di quel che i partiti da soli oggi rappresentano.

E sbaglia, specularmente, chi cavalcando l’onda antipolitica del momento pensa il PD come la negazione di ciò che è esistito fin qui, ignorando che senza la determinazione dei partiti – e in primo luogo dei Democratici di Sinistra – il progetto del PD non avrebbe forse conosciuto la luce.

Per queste ragioni condivido spirito e proposte della tua lettera di ieri che vanno nella direzione di dare al PD quei caratteri di innovazione, apertura e radicamento indispensabili per far sì che davvero nasca un “partito nuovo” per cultura, progettualità, linguaggio e forma organizzativa.

Credo anch’io che il 14 ottobre sia una grandissima occasione per rinnovare la politica, riconquistare la fiducia dei cittadini e aprire così una stagione nuova per l’Italia.

E, dunque, condivido con te che la formazione delle liste per l’Assemblea Costituente debba essere caratterizzata da un forte grado di rappresentatività e apertura, coinvolgendo accanto a esponenti politici e delle istituzioni nazionali, regionali e locali personalità significative della società italiana e dei suoi molti mondi, nonché un’amplissima presenza di donne e di giovani.

D’altra parte è questo l’obiettivo che abbiamo indicato alle nostre organizzazioni e su cui in tutta Italia i DS stanno lavorando: operare perché ovunque si sottopongano al voto degli elettori liste caratterizzate da composizione unitaria, pluralismo culturale, parità donne-uomini, rappresentatività sociale e apertura a competenze, saperi e professioni.

Per questo accolgo molto volentieri la rosa di personalità che proporrai di includere nelle liste che ti sostengono e mi batterò perché essa sia accolta nel modo più ampio possibile in tutte le liste alla cui formazione i DS concorrano. E naturalmente mi auguro che analoga apertura si realizzi nelle liste a sostegno degli altri candidati nazionali e nelle liste per le Assemblee Costituenti regionali.

Condivido altresì la tua sollecitazione a fare della elezione delle Assemblee Costituenti regionali e dei Segretari regionali l’occasione per dare al Partito Democratico carattere federale e regionalista.
Il che significa evitare che la giusta e legittima competizione tra liste e candidati comprima le tante specificità territoriali e culturali di cui è ricco il nostro Paese e che nel PD dovranno trovare piena valorizzazione.

Puoi contare, insomma, sulla nostra piena condivisione delle tue proposte e come sempre sull’impegno generoso e leale per dargli corso.

Con amicizia,

Piero Fassino

Veltroni: liste aperte e innovative condizione necessaria del nuovo partito democratico.


Lettera aperta ai presidenti dei comitati Veltroni e ai segretari di DS e Margherita, Fassino e Rutelli.
22 agosto 2007

Carissimi,
abbiamo deciso tutti insieme, con Romano Prodi, nei congressi di Ds e Margherita, e poi nel comitato dei 45, che il Partito democratico dovrà nascere da un grande e inedito evento di partecipazione popolare: una assemblea costituente, eletta da tutti i cittadini che il 14 ottobre si presentino al seggio allestito nel loro luogo di residenza, scelgano di sostenere il progetto costituivo del Pd e versino un contributo di autofinanziamento.

Abbiamo preso la decisione di far nascere il Partito democratico con il metodo “una testa, un voto”, perché vogliamo dar vita ad un partito davvero nuovo, che segni una svolta nella concezione stessa che dei partiti ha avuto ed ha tuttora la cultura politica prevalente in Italia.

Vogliamo un partito che non sia concepito come un bene privato, di proprietà dei suoi fondatori, dei suoi dirigenti, dei suoi militanti: una visione che è alla base dell’attuale esasperata frammentazione politica e della stessa crisi del rapporto tra partiti e cittadini.

Al contrario, sulla falsariga del modello prevalente nelle grandi democrazie, vogliamo un partito pensato come una istituzione civile, che svolga una imprescindibile funzione democratica e che come tale appartenga a tutti i cittadini che, riconoscendosi nei suoi orientamenti di fondo, vogliano abitarlo ed utilizzarlo “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, come recita l’articolo 49 della Costituzione.

L’ambizione di questa scelta impone a noi tutti di valorizzare il carattere “costituente” dell’assemblea che andiamo ad eleggere il 14 ottobre e di contrastare ogni riduzione di quel passaggio, che abbiamo voluto e pensato di portata storica, ad una ordinaria elezione di un ordinario organismo dirigente: di un partito che, a quel punto, finirebbe per nascere nel segno della continuità, culturale prima ancora che organizzativa, con il tradizionale modello di forza politica.

Dobbiamo dar vita all’assemblea costituente di un partito che nasce, non al consiglio nazionale o al comitato centrale di un partito che già c’è.

Vogliamo un partito nuovo, in cui nessuno arrivi con forme organizzate o correnti, in cui tutti si sentano chiamati a “mescolarsi” con gli altri, in un libero scambio di idee, di convinzioni e di culture politiche che sempre di più farà sentire ad ognuno di essere non una sola cosa, ma più d’una insieme. Così si definirà la nostra nuova identità comune.

Decisiva risulterà la composizione dell’assemblea, che per svolgere in modo autorevole la sua “straordinaria” funzione costituente, dovrà essere realmente rappresentativa della grandezza del popolo del Partito democratico.

Dovrà raccogliere le grandi energie delle quali dispongono le due formazioni politiche, Ds e Margherita, che hanno avuto il merito e il coraggio di intraprendere questo percorso. E vorrei fosse riconosciuto l’impegno generoso di quei militanti delle forze politiche che già due anni fa contribuirono al successo delle primarie. A questi militanti deve andare il rispetto di tutti. Insieme dovrà raccogliere, l’assemblea costituente, le energie delle associazioni uliviste che in anni difficili hanno saputo tenere aperta una prospettiva che i più consideravano irrealistica. Allo stesso modo, dovrà rappresentare la vasta platea degli amministratori locali, eletti direttamente dai cittadini.

E soprattutto, l’assemblea dovrà riuscire a mettere in rete le migliori risorse delle quali è ricca la società italiana e che la politica non sa o spesso non vuole valorizzare: penso alle tante, straordinarie esperienze di innovazione che agiscono nei mondi del lavoro, della produzione e delle professioni, delle istituzioni, al grande serbatoio morale e civile del volontariato e dell’associazionismo sociale e culturale, al vasto patrimonio di competenze e di passione disseminato nelle scuole, nelle università, negli enti di ricerca.

E’ essenziale, ai fini del successo di questa nostra grande impresa comune, che ci impegniamo insieme a promuovere liste che in tutti i collegi rappresentino e valorizzino, anche con l’adeguata presenza nelle teste di lista, la molteplicità di apporti, politici, amministrativi, intellettuali, sociali e civili, alla costruzione del partito nuovo; favoriscano l’incontro tra le culture politiche e il rimescolamento delle appartenenze partitiche; trasformino radicalmente la composizione della classe dirigente italiana, oggi terribilmente invecchiata e quasi esclusivamente maschile, prevedendo, accanto alla quota obbligatoria del 50 per cento di donne, una consistente presenza giovanile.

E’ in questo spirito che nei prossimi giorni mi permetterò di indicare, a chi nelle diverse realtà regionali si sta organizzando per sostenere la mia candidatura, un’ampia rosa di centinaia di nomi di personalità che rappresentino le qualità migliori della società italiana. Personalità autorevoli, indipendenti, la cui presenza, per le loro competenze, per la loro esperienza, per il loro impegno nella vita quotidiana del Paese e per la passione civile che le anima, è di vitale importanza per il successo della vera e propria rivoluzione democratica che il Pd intende rappresentare. E’ questo, per me, un punto decisivo, pregiudiziale: non potrò infatti sottoscrivere l’apparentamento a liste che non rispecchino tali caratteristiche di pluralismo, di innovazione e di apertura.


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Penso anche che l’assemblea costituente dovrà esprimere la volontà del Partito democratico di aprirsi ad un più vasto orizzonte europeo e mondiale. Per questo, se sarò eletto, proporrò all’assemblea di chiedere a leader politici e ad intellettuali del campo riformista e democratico internazionale di portare alla costituente del Pd il contributo della loro esperienza e della loro riflessione, vissute e maturate in altri paesi d’Europa e del mondo.

Il successo del Partito democratico è strettamente legato anche alla qualità del processo di costruzione di nuovi gruppi dirigenti nelle diverse regioni. La decisione di accompagnare l’elezione dell’assemblea costituente e del segretario nazionale, con un analogo percorso costituente regionale, deve essere intesa come una precisa scelta di modello di partito: vogliamo un Pd al tempo stesso nazionale e federale. Un partito impegnato nella ricostruzione di robusti legami di solidarietà e di coesione nazionale e proprio per questo saldamente radicato nella pluralità e nella diversità dei contesti regionali e locali che da sempre contraddistinguono il nostro paese.

Sia nell’elaborazione degli statuti regionali, sia nella scelta dei nuovi dirigenti, penso quindi che si debba non solo rispettare, ma anzi valorizzare l’autonomia di ogni contesto regionale e locale, autonomia che peraltro ha già portato, fin dall’inizio, a diverse candidature nate come libera espressione della società civile. Di procedere in questo modo lo impone la coerenza con la scelta di far nascere il partito nuovo attraverso un percorso di ampia partecipazione dal basso. Va quindi contrastata anche la sola impressione che si intenda procedere alla scelta dei nuovi dirigenti attraverso pratiche di cooptazione, centralistiche e spartitorie.

Penso ci si debba piuttosto impegnare tutti perché dalle elezioni del 14 ottobre emerga, anche attraverso competizioni aperte alla partecipazione di più candidati, un gruppo di segretari regionali che veda la presenza di molte donne e, accanto a giovani dirigenti di partito, noti per il loro impegno a favore del Pd, l’apporto di energie nuove, provenienti dal mondo del lavoro, della cultura, delle professioni, delle istituzioni.

Un gruppo dirigente così rinnovato, sia a livello nazionale che nelle regioni, sarà tanto più necessario in vista del grande lavoro che ci aspetta, quello della costruzione di una identità comune, non solo sul terreno della proposta politica, ma anche sul piano della elaborazione culturale, come su quello delle forme organizzative.

Dovremo ad esempio ripensare, con i tempi che saranno necessari e valorizzando il prezioso patrimonio di esperienze di massa accumulato in decenni di storia politica democratica, il modo di essere di grandi eventi collettivi come le feste di partito, in modo da favorire, anche sul piano simbolico, la costruzione di una identità condivisa.

Dovremo fare tutto questo, dando vita ad un partito che sia grande per la partecipazione popolare che deve saper promuovere, ma lieve per la sua struttura e i suoi costi. Se è vero, come denunciavano nei giorni scorsi Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, citando una ricerca prodotta per la Camera dei Deputati, che il contribuente italiano paga per il finanziamento dei partiti molto di più degli altri contribuenti europei, dobbiamo dire con chiarezza che è giunto il momento di riportare la nostra spesa pubblica per il finanziamento dei partiti ai livelli del resto d’Europa.

Sono convinto che attraverso scelte chiare e coraggiose come queste, sapremo restituire credibilità alla politica e faremo crescere intorno a noi, interesse, fiducia e partecipazione.

Abbiamo visto tutti come il solo annuncio della concreta nascita del Partito democratico abbia messo in moto tante energie e abbia al tempo stesso messo in discussione gli attuali assetti politici. Nello stesso schieramento di centrodestra si sta facendo strada l’ipotesi di dar vita ad una nuova formazione, nell’evidente tentativo di far fronte in qualche modo alla grande novità rappresentata dal Pd.

Stiamo attenti a non sciupare tutto proprio ora, a non ricadere in vecchi vizi. Abbiamo una straordinaria occasione. Pensiamo prima di ogni altra cosa ai grandi obiettivi che ci uniscono, lavoriamo insieme alla costruzione del Partito democratico, per ridare speranza agli italiani, per fare il bene dell’Italia.

Walter Veltroni

martedì 21 agosto 2007

FESTA NAZIONALE DE L'UNITA': A BOLOGNA PRONTI AL VIA

(Scarica a fondo pagina la sintesi del programma della Festa nazionale de l'Unità 2007- Formato PDF)

Bologna- Apre i battenti la 62esima Festa nazionale de l’Unità, che quest’anno si terrà al Parco Nord di Bologna dal 24 agosto al 17 settembre.

Come sempre, il programma si presenta ricco di importanti iniziative politiche, culturali e di intrattenimento, caratterizzando l’appuntamento dei Ds come il più significativo evento estivo del panorama politico del Paese.

Al centro dei numerosi dibattiti previsti, i temi di maggiore rilievo dell’attualità politica, primo fra tutti il percorso verso il Partito democratico, insieme al lavoro, la sicurezza, l’economia, l’ambiente, i diritti.

Tra gli appuntamenti politici più significativi, da segnalare il 30 agosto la presenza del segretario nazionale della Quercia Piero Fassino, il 1 settembre quella del ministro Pierluigi Bersani, di Walter Veltroni il 2 settembre e di Massimo D’Alema il 13 settembre.

L’11 settembre sarà ospite della Festa il presidente della Margherita Francesco Rutelli, mentre il 12 sarà la volta del presidente della Camera Fausto Bertinotti.
Ancora, tra gli altri, Guglielmo Epifani il 9 settembre e Dario Franceschini il 31 agosto.

Da segnalare, inoltre, il 7 settembre la presenza del ministro Cesare Damiano, il 13 settembre quella del ministro Livia Turco, il 10 settembre del ministro Clemente Mastella, il 3 settembre del ministro Fabio Mussi, il 30 agosto del ministro Beppe Fioroni e l’8 settembre del ministro Barbara Pollastrini.

Giovanna Melandri sarà a Bologna il 5 settembre, mentre il 4 sarà la volta di Paolo Gentiloni.
Rosy Bindi sarà ospite della Festa il 14 settembre, in un dibattito insieme con Luciano Violante, mentre il 10 settembre sarà la volta di Anna Finocchiaro e Enrico Letta.

Ancora, il 4 settembre il ministro Giulio Santagata parteciperà ad un dibattito con, tra gli altri, il tesoriere della Quercia Ugo Sposetti.
Pierferdinando Casini parteciperà ad un dibattito con il vice presidente del Consiglio Massimo D’Alema il 5 settembre, mentre il 5 settembre toccherà a Roberto Maroni e Antonio Bassolino.

Doppio l’appuntamento con il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, il 28 agosto e il 6 settembre.
Tra i numerosi ospiti stranieri, da segnalare tra gli altri la presenza di Shlomo Ben Ami il 4 settembre, Ségoléne Royal il 9 settembre, di Paul Rasmussen il 1 settembre e il 14 settembre di Martin Schulz.

Il programma complessivo della Festa nazionale dell’Unità sarà presentato nel corso di una conferenza stampa a Bologna il prossimo mercoledì 22 agosto.




PDF Sintesi programma Festa nazionale Unita Bologna 2007

giovedì 16 agosto 2007

Dibattito su L'Unione a San Godenzo


Venerdì 17 Agosto, ore 21,30

Festa de l'Unione San Godenzo - Area ex macelli

Spazio Dibattiti

CENTROSINISTRA - Prospettive di evoluzione

partecipano: Nicola Danti (Cons. reg. Partito Democratico); Marco Mairaghi (Sindaco di Pontassieve); Marcella Bresci (Sinistra Democratica); Riccardo Gabellini (Segretario prov. PdCI); dirigenti politici e amministratori della Valdisieve.

>>>Vedi il programma della Festa<<<

martedì 7 agosto 2007

Festa de l'Unione a San Godenzo

Dal 17 al 19 agosto 2007 si svolgerà la Festa de l'Unione a San Godenzo, presso l'area degli ex macelli. Ecco il programma (clicca sull'immagine per ingrandire):

domenica 5 agosto 2007

Il lavoro dei ministeri: i provvedimenti più importanti, le questioni aperte

3 agosto 2007

Per il governo Prodi è tempo di bilanci. L'azione di governo durante questo anno parlamentare è stata caratterizzata da numerosissimi interventi e provvedimenti. Alcune questione hanno trovato applicazione, altre sono ancora aperte. Prendendo spunto da contributi pubblicati dal nostro sito, sia sotto forma scritta, sia tramite le webtv del partito, passiamo in rassegna alcune delle questioni più importanti sulle quali si è concentrato e si sta tuttora concentrando il lavoro dei diversi ministeri.

AMBIENTE E ENERGIA
Italia a Ue: risparmio energetico del 9% entro il 2012

Bersani lancia la eco-industria

CULTURA
>> Guarda l'intervista al sottosegretario ai Beni Culturali Elena Montecchi su dsonline.tv

EXTRAGETTITO E DPEF
Visco: giù le tasse in Finanziaria 2008

Sì del Senato alla fiducia sull'extragettito

Passa alla Camera la risoluzione dell’Unione sul Dpef

GIOVANI
Per i giovani 600 milioni
Intervista a Giovanna Melandri

INNOVAZIONE PA
Nicolais: entro fine legislatura il Paese sarà completamente informatizzato

>> Guarda il servizio E-democracy e participazione al Forum PA 2007 da dsonline.tv

LEGGE ELETTORALE
Il tempo non è scaduto, il Parlamento può ancora fare una buona legge (42456)
Intervista a Vannino Chiti

LIBERALIZZAZIONI
Un anno di liberalizzazioni, Bersani: il processo va avanti

>> Guarda La conferenza stampa su dsonline.tv

PENSIONI E WELFARE
Aumento delle pensioni basse, ecco come

Come nasce e cos'è il «protocollo welfare»

Pensioni, ecco la riforma

POLITICA ESTERA
D’Alema al Senato: creare la pace vuol dire disarmare gli animi

Tre mosse per investire in un continente in marcia
Articolo di Massimo D’Alema

Per avere peso nel mondo occorrono grandi scelte bipartisan
Intervista a Massimo D'Alema

>> Guarda il convegno Un'Europa unita per un mondo più giusto su dsonline.tv

SANITA'
Turco: una “protezione civile” della sanità per risanare il debito

Un anno di governo
Il bilancio del ministro Livia Turco

>> Guarda La tre giorni della salute – Intervista a Livia Turco su dsonline.tv

>> Guarda il convegno Ricerca e Innovazione in Sanità su dsonline.tv

SICUREZZA SUL LAVORO
Con la nuova legge premi per le aziende virtuose, carcere per chi non rispetta le regole
Intervista a Cesare Damiano

Il lavoro è vita
Lettera di Livia Turco

SICUREZZA E DIRITTI
Sì a una legge anti-violenza con intesa bipartisan
Intervista a Barbara Pollastrini

>> Guarda La giornata contro le discriminazioni su dsonline.tv

La sinistra è troppo indietro
Intervista a Marco Minniti

Il governo merita fiducia

Lettera di Romano Prodi, da "L'Unità"
3 agosto 2007

Care amiche e amici,

Questa lettera aperta è rivolta in modo particolare a quanti, sostenendo l’Unione, hanno espresso la loro preferenza per i partiti della sinistra. Al tempo stesso è una riflessione comune che credo doverosa e che forse era giusto fare anche prima.

Leggo spesso sulle pagine dei quotidiani di riferimento di questo elettorato parole pesanti e preoccupate. Non vengono da un'opposizione preconcetta, ma vengono da chi, con lealtà, sostiene il governo di centrosinistra, lo stesso governo che gli elettori-lettori di questi giornali hanno contribuito ad eleggere nell'aprile dell'anno scorso. Sono quindi parole da considerare con attenzione. E rispettare.

La critica costruttiva è l'anima di una politica vera. Sia negli editoriali che negli articoli o nei commenti ospitati su quelle colonne si legge spesso la parola «mobilitazione». In queste ultime settimane, poi, sembra quasi che il mantra della reazione sia una sorta di «liberazione» o «manifesto» (scusate il gioco di parole), con cui la sinistra cosiddetta radicale si prepari ad affrontare la ripresa del dibattito politico e dell'attività di governo.
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Chiariamo subito un primo concetto. Io non credo affatto all'idea di una sinistra «radicale». Ve lo dico come leader dell'Unione e come presidente del futuro Partito Democratico, un partito che non deve essere visto come un avversario ma al contrario come un motivo in più per una coabitazione rispettosa e serena. Ho troppa stima per le donne e gli uomini che compongono la grande area della sinistra (e che stanno giustamente lavorando affinché ci sia in questa area una forma di riunificazione moderna ed europea) per considerare come «radicale» qualcosa che invece è a mio avviso estremamente «popolare». L'idea stessa di considerarsi i difensori della società meno fortunata è un compito nobile. Specie quando si è chiamati a farlo ricoprendo incarichi di responsabilità.

La sinistra, dopo i cinque anni di devastazione sociale ed etica alimentati dal governo delle destre, ha testardamente voluto il governo di questo Paese. Ha lavorato per questo obiettivo insieme alle altre forze dell'Unione, costruendo un Programma e un'idea diversa di Italia. Ha fatto tutto questo ben sapendo che al primo posto delle emergenze c'era il risanamento dei conti pubblici. Non senza fatica ha condiviso un Dpef e una Finanziaria che hanno prodotto risultati mirabili a fronte di una nuova richiesta di sacrifici per i cittadini. Sacrifici che, anche grazie a tutti i ministri del Governo e ai gruppi parlamentari che ne rappresentano l'elettorato in Senato e alla Camera, sono stati equi e giusti, diminuendo privilegi ed ingiustizie.

Il percorso delle riforme ci ha portati nelle scorse settimane a definire con i sindacati il Protocollo sulle pensioni e sul welfare. Non è stato un atto isolato o autoritario, ma il frutto di mesi di concertazione, una parola che non vorrei venisse sottovalutata. Il governo precedente aveva imposto, noi abbiamo scelto di condividere. È stato così sulle grandi opere, sui temi ambientali, sulle riforme economiche. Non poteva che essere così anche sul welfare.

Non mi stupisco quando si dice che si poteva fare di più e che a settembre è necessario lavorare ancora per fare in modo che l'equità sia massima e che si cancellino i favoritismi. Ma vorrei che a quel mese di settembre si arrivasse dopo aver analizzato con trasparenza e serietà quanto è stato fatto finora in questo ambito.

Lasciatemi sintetizzare in poche parole orgogliose quanto è stato siglato il 23 luglio, una data importante.

Innanzitutto è stato evitato che, il 31 dicembre, entrasse in vigore una delle leggi più arroganti di sempre, uno «scalone» di disuguaglianze e finte responsabilità. Basterebbe questo, come il Programma firmato insieme ci stimolava a fare, per considerare un successo quell'accordo. Ma non basta: abbiamo deciso di investire sul futuro dei giovani e dei meno giovani attraverso un progetto da 35 miliardi di euro in dieci anni, garantendo assegni più alti e tutele più forti. Abbiamo allargato la platea dei lavori usuranti, abbiamo limitato le pensioni d'oro, abbiamo, in buona sostanza, fatto quelle politiche sociali che la sinistra ci chiedeva il 9 e il 10 aprile del
2006 mettendo la propria croce sul simbolo dell'Unione.

Ma non è tutto. Ferme restando le esigenze di riequilibrio dei conti pubblici, l'extragettito frutto delle politiche serie di lotta all'evasione e che proprio in queste ore è stato approvato in Parlamento ci ha permesso di alzare le pensioni minime a milioni di cittadini, far riscattare la laurea senza esborsi folli ai giovani, aumentare la lotta al precariato che già è stato limitato dalle politiche sul cuneo fiscale. Certo, si può fare di più, ci mancherebbe. Ma sfido chiunque a non definire queste scelte come «popolari».

Abbiamo ancora molto da fare e non solo su temi fiscali ed economici. Ci sono da portare a termine le riforme istituzionali imposte dalla destra, da risolvere il conflitto di interessi, da garantire il pluralismo dell'informazione e della formazione. C'è, forte, la necessità di lavorare per le sicurezze, a partire da quelle per i lavoratori. Le Camere hanno approvato una legge che abbiamo fortemente voluto ma non basta. Non è tollerabile piangere ogni giorno vite spezzate dalla mancanza di regole e di tutele. Siamo di fronte a un'emergenza nazionale che va combattuta con provvedimenti forti e controlli severi, come abbiamo iniziato a fare: in questi mesi sono stati assunti 1411 ispettori, sospese 1760 aziende prive dei requisiti di legge in materia e altre 711 regolarizzate. E non dimentichiamo che ben 143mila lavoratori sconosciuti all'Inail, metà dei quali stranieri, sono adesso garantiti.

Anche sull'ambiente abbiamo fatto solo una parte del lavoro che ci eravamo ripromessi. E che dobbiamo intensificare assolutamente dopo la pausa di agosto. Proprio in queste ore il ministro Pecoraro Scanio ha ricordato gli impegni programmatici su Kyoto, la Legge obiettivo, la lotta all'inquinamento, le biodiversità. Tutto il governo, tutta la maggioranza devono essere «verdi», perché è in gioco il futuro delle nuove generazioni e lo stesso sviluppo del Paese. Abbiamo investito in un piano sull'energia di grande profilo, ci siamo attivati nelle tutele e nella ricerca. Ma sappiamo di poter dare e fare di più, perché anche in questo siamo più responsabili e motivati di chi ci ha preceduto.

Per tutte queste ragioni vorrei davvero che in autunno ci fosse quella mobilitazione di cui si parla: nelle piazze, come sui luoghi di lavoro. Portando sì le vostre istanze, l'orgoglio «popolare», gli stimoli e naturalmente anche le critiche. Ma ricordando che questo Governo merita fiducia perché in soli 14 mesi ha rimesso a posto il debito, vede ripartire l'economia e tutelare i consumatori grazie alle liberalizzazioni, non teme i giudizi europei e internazionali, combatte la propria guerra alle guerre e si batte per la moratoria sulla pena di morte. E, appunto, sta ricostruendo un sistema di welfare che non deve essere giudicato tutti i giorni da «riformisti» o «radicali» come un qualcosa da cambiare comunque.

Se potremo migliorare ancor di più le nostre azioni sociali lo faremo, statene certi. E ascolteremo con attenzione tanto i cittadini quanto il Parlamento. Ma non dimentichiamo mai, prima di giudicare o attaccare, quello che stiamo riuscendo a fare insieme dopo tanti, troppi anni bui.

E' nato il gruppo de LUlivo per il Partito democratico in Comunità montana


 Nei giorni scorsi si è costituito il Gruppo consiliare de l'Ulivo per il Partito Democratico in seno al Consiglio della Comunità montana della Montagna Fiorentina. Nella stessa seduta è stato nominato il nuovo assessore Paolo Rosseti di Reggello, in sostituzione di Stefania Cherici, al quale sono state attribuite le deleghe all' Agricoltura e Gestione del Piano di Sviluppo Rurale, Attività Economiche, Turismo,
I componenti del Gruppo, del quale è stato eletto Capogruppo Angiolo Ghiarini di Pontassieve, sono: CIUCCHI IDA, GAMBERI STEFANO, BENEDETTI SERGIO, GRONDONI GABRIELE, GHIARINI ANGIOLO (capogruppo), LAPI RENATO, MAIRAGHI MARCO, PINI ALESSANDRA, TANINI COSI SONIA, ROSSETI PAOLO, ULIVIERI MARCELLO, LANZINI TIZIANO, FAINA WALTER, GIANNELLI GIANPAOLO, RAGGI MICHELE, DANTI NICOLA, PICUCCIO LUIGI.

venerdì 3 agosto 2007

Verso il Partito Democratico: iniziativa a Castagno d'Andrea - San Godenzo


Il Comitato promotore del PD di San Godenzo organizza una iniziativa sul Partito Democratico e le elezioni primarie del 14 ottobre, presso il circolo ARCI di Castagno d'Andrea, nel comune di San Godenzo, venerdì 3 agosto alle ore 21,00.
Saranno presenti l'Assessore regionale Paolo Cocchi (DS), il segretario provinciale de La Margherita Giacomo Billi, e i segretari di zona Valdisieve di DS e Margherita Stefano Prosperi e Michele Raggi.
Nel corso della serata sarà possibile effettuare la pre-iscrizione al Partito Democratico e avere tutte le informazioni utili per il 14 ottobre.

PD, COMITATI PER VELTRONI: ECCO I COORDINATORI REGIONALI

Walter Veltroni ha indicato i nomi dei coordinatori dei Comitati per Veltroni che in ogni regione d'Italia sosterranno la sua candidatura a leader del Partito democratico, affiancando l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che nei giorni scorsi aveva accettato la guida del Comitato di Roma e del Lazio. Ecco i nomi dei 21 coordinatori: Val d'Aosta: Giuliana Ferrero, assessore Servizi sociali del comune di Aosta. Lombardia: Alessandra Kustermann, ginecologa.
Piemonte: Sergio Chiamparino, sindaco di Torino. Veneto: Massimo Cacciari, sindaco di Venezia. Trentino: Alberto Pacher, sindaco di Trento. Alto Adige: Giovanni Polonioli, sindaco di Laives. Friuli Venezia Giulia: Sergio Balzanello, sindaco di Pordenone. Liguria: Marta Vincenzi, sindaco di Genova. Emilia Romagna: Livia Zaccagnini, presidente Istituzione Biblioteca Classense. Toscana: Sandra Bonsanti, giornalista. Umbria: Clara Sereni, presidente associazione Città del Sole. Marche: Maria Paola Merloni, imprenditrice e parlamentare. Lazio: Oscar Luigi Scalfaro. Campania: Teresa Armato, assessore regionale Università e ricerca. Abruzzo: Stefania Pezzopane, presidente Provincia L'Aquila. Molise: Danilo Leva, consigliere regionale. Sardegna: Paolo Fresu, musicista. Calabria: Rosa Villecco Calipari, parlamentare. Basilicata: Mohamed Amadid, mediatore interculturale. Puglia: Salvatore Marzano, rettore Politecnico Bari. Sicilia: Simona Mafai giornalista.

NOMINA DEL COLLEGIO DEI GARANTI REGIONALIE PER LE ELEZIONI DEL 14 OTTOBRE


L’Ufficio di Presidenza del “Comitato 14 ottobre” ha nominato oggi i Collegi Regionali dei Garanti, così come previsto dall’articolo 4 del Regolamento quadro per l’elezione delle Assemblee Costituenti del Partito Democratico.

Per la regione Toscana:
Mario Batacchi, Sara Biagiotti, Francesco Pacini, Natalia Tavanti, Pier Luigi Vigna